Medea non è semplicemente uno spettacolo: è un’esperienza che attraversa spettatori/trici-partecipanti. Teatro dei Borgia ha provato a leggere e a raccontare, oltre la superficie, la storia di alcune migliaia di esseri umani partiti dai loro paesi con un sogno che, all’arrivo in Italia, si è rivelato un incubo.
Nel grande mare del tema delle migrazioni, viene messo a fuoco il fenomeno che riguarda quelle donne, sconosciute eppure in qualche modo familiari, quasi elementi di un arredo urbano cui siamo assuefatti, che “lavorano” sulle strade di molte città, ritrovandosi schiave nel racket della prostituzione. Il testo, che si pone nel solco delle libere riscritture del mito di Medea, rivela allo spettatore e alla spettatrice d’oggi la “tragedia dello straniero” con la forza del mito greco. Elena Cotugno/Medea snocciola la storia di una migrante, scappata dal proprio paese, arrivata in Italia e finita a prostituirsi per amore di un uomo da cui si crede ricambiata e da cui ha due figli, restando vittima sempre degli stessi rituali: il reclutamento, il debito, il ricatto.